L’omeopatia è “acqua fresca”?
L’argomento classico a cui ricorrono sistematicamente tutti coloro che attaccano l’Omeopatia – farmacologi, medici, giornalisti e anche scienziati – è che nei granuli dei rimedi omeopatici non c’è niente altro che un po’ zucchero e che, nella soluzione acquosa con cui i granuli vengono imbibiti, non c’è più traccia della sostanza che è stata diluita. Ad esempio, nei granuli di Pulsatilla 30 CH non c’è traccia dei principi chimici contenuti nella pianta con cui viene preparata la soluzione. L’omeopatia, dunque, è soltanto zucchero e “acqua fresca”.
Ma è davvero così? Certo, se parliamo da un punto di vista strettamente chimico-farmacologico, questa affermazione è del tutto vera. Dopo la 12a diluizione centesimale viene infatti superato il cosiddetto “numero di Avogadro” al di là del quale, nella diluizione con cui il rimedio viene preparato, non rimane nemmeno una molecola delle sostanze contenute nella Tintura Madre che era stata diluita all’inizio. Non c’è materia; e quindi, perché ci dovrebbe essere un effetto terapeutico?
E invece l’omeopatia agisce, e anche in modo molto profondo e globale. Lo dimostrano esperimenti eseguiti con criteri rigorosamente scientifici, in vivo e in vitro: sono stati pubblicati su numerose riviste internazionali, ma nessuno sembra accorgersene. Lo dimostrano anche le osservazioni condotte su diversi allevamenti di animali; e per gli animali è assolutamente impossibile parlare di effetto placebo.
E infine lo dimostrano i moltissimi casi clinici raccolti dagli omeopati, soprattutto negli ultimi trenta anni. I pazienti in terapia sono stati seguiti per anni con rigorosi follow-up: controlli di laboratorio e prove strumentali, come ecografie, TC e RM, che dimostravano i miglioramenti e anche le guarigioni ottenuti con la cura omeopatica. Ma, anche in questo caso, nessuno ne parla; oppure si liquidano i risultati dicendo che sono dovuti ad un effetto placebo.
L’omeopatia dunque agisce, anche se non riusciamo a capire in che modo. Ma la spiegazione probabilmente è molto semplice: i farmaci allopatici e i rimedi omeopatici agiscono in modo completamente differente, attraverso due strade totalmente diverse.
La farmacologia classica utilizza i principi attivi, molecole somministrate in dosi quantitative, che troviamo riportate sulle confezioni dei medicinali acquistati in farmacia. E così, ad esempio, prendiamo 500 mg. di aspirina, 20 mg. di un diuretico o di un anti-ipertensivo, 400 mg. di un antibiotico, 75 mg. di un ormone tiroideo o solo pochi milligrammi di un ansiolitico. L’azione del farmaco si realizza, dunque, attraverso una via bio-chimica.
La medicina omeopatica agisce invece attraverso i meccanismi della fisica quantistica, come stanno dimostrando ricerche condotte da eminenti studiosi, come il prof. Luc Montagnier, premio Nobel 2008 per la medicina, e il prof. Emilio Del Giudice, fisico teorico purtroppo recentemente scomparso, che ha lavorato anche a Copenaghen e in Germania, interessandosi particolarmente al ruolo dell’acqua nella fisica degli organismi viventi.
Ma, anche in questi casi, non sono mancate le critiche: la scienza ufficiale, e soprattutto la farmacologia classica, non tiene conto di queste ricerche. Ed è del tutto comprensibile: è difficile superare convinzioni scientifiche profondamente radicate, e legate anche a grossi interessi economici.
Allora, come concludere? Con un esempio, preso dalla nostra vita di tutti i giorni; banale, ma illuminante. Fino a non molti anni fa, quando volevamo scrivere una lettera, prendevamo carta e penna; poi piegavamo il foglio, lo mettevamo in una busta; scrivevamo l’indirizzo, attaccavamo il francobollo e, finalmente, imbucavamo la lettera. Giungeva a destinazione anche svariati giorni dopo: viaggiava in treno, su una nave o in aereo fino a quando un postino la recapitava al destinatario.
Oggi, se vogliamo scrivere a qualcuno, gli mandiamo una mail. Non c’è carta, né penna, né francobollo: non c’è materia, ma soltanto energia. E la lettera arriva, e molto velocemente.
È così anche per l’organismo. Le cellule comunicano tra di loro attraverso il linguaggio bio-chimico delle molecole, quello utilizzato dalla farmacologia classica; ma parlano anche un linguaggio bio-fisico, energetico, che è quello utilizzato dalla omeopatia. Comunicano tra di loro in un modo estremamente rapido, che coinvolge tutto l’organismo, il fisico come il mentale.
Il che non toglie che, quando è necessario, usiamo i farmaci della medicina classica che ci possono salvare la vita. Così come possiamo scrivere una lettera, quando ci va di prendere carta e penna in mano. O quando il computer non funziona.
Dott.ssa Maria Paola Franceschini
Medico Chirurgo e Omeopata